Questa è soprattutto per il Danca, ma la prendo buona anche per gli altri
Cita:
Steven Spielberg: “Abbiamo atteso 19 anni dall’ultimo film perché aspettavamo il soggetto e la sceneggiatura giusti”. ‘
Sti cazzi, potevate aspettare almeno altri 19 anni allora..!
Per un appassionato della prima ora, come il sottoscritto, questa quarta avventura di Indy fa male, molto male; certo, non così male come fece all’epoca “Blues Brothers 2000”, ma comunque le ferite ci sono e bruciano non poco.
ATTENZIONE: siete a rischio di SPOILER da qui in poi! (Ma tanto non lo andrete a vedere, giusto..?)
FERITA N.1: Innanzitutto l’autoreferenzialità: mi sta bene, ci vuole, è anche simpatica in piccole dosi, però quando è troppo è troppo.
Insomma, ok la corsa in auto iniziale che ricorda “American Graffiti” diretto dal produttore della quadrilogia George Lucas con l’allora alla guida un giovane Harrison Ford, ok anche l’Arca che appare fugacemente nel magazzino, ok il ribadire la paura del nostro eroe per i serpenti con una “esilarante” scena, ok omaggiare il defunto partner Denholm Elliott e il defunto (ma qui solo nella finzione) papà Sean Connery (che, guarda un po’, lungimirante decise di non partecipare a questo capitolo), ok pure citare “Il selvaggio” di Brando (lo abbiamo capito che siete tutti cinephiles tanto quanto Scorsese, non fate così, dai...), ok ribadire fino allo sfinimento che il “matusa” in realtà non è poi così male quando si traveste da supereroe con frusta e cappellaccio, però basta: troppe strizzatine d’occhio al pubblico, troppe troppe troppe!
Tra l’altro è scientificamente provato che strizzare troppo gli occhi alla fine fa lacrimare...
FERITA N.2: Questo quarto “Indiana Jones” sembra una brutta copia del figliastro “Il mistero delle pagine perdute”, ovvero quell’obbrobrioso seguito del simpatico “Il mistero dei templari”: anche qui i due ex fidanzati protagonisti bisticciano credendo di far ridere il pubblico con scene così bollite che vanno ben oltre un patetico quadretto da soap pomeridiana, anche qui pare di essere in un ripetitivo videogioco da “tira la leva che poi qualcosa accadrà”, anche qui tutto è esageratamente meccanico e scritto (male) a tavolino...
Manca la freschezza, la spontaneità, lo stupore fanciullesco dei precedenti capitoli.
Lo sceneggiatore David Koepp (“Jurassic Park”, “La morte ti fa bella”, “Carlito’s Way”, “Mission: Impossible”, “Panic Room”, “Echi Mortali”, “Spider-Man”... e solitamente bravino anche come regista) sarebbe da impalare per aver violato un mito della mia infanzia.
Anzi, facciamo così: Spielberg al centro e Lucas e Koepp al suo fianco, naturalmente tutti impalati ed esposti al pubblico inferocito il quale, naturalmente, dovrà pagare un biglietto per partecipare all’ulteriore lapidazione.
Si accettano tessere riduzione della Fnac, dell’Agis e tariffe speciali sono garantite anche ad anziani sopra i 60 anni e a bambini al di sotto dei 12 neuroni.
FERITA N.3: Steven, cacchio, ma vuoi o no uscire da quel maledetto tunnel di luce di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”?!? Indiana Jones che incontra gli extraterrestri no, questo proprio non ce lo dovevi fare!
Ma che ti è venuto in mente? No, scusa, ma prima di cominciare a girare il film non potevi far leggere il soggetto a qualcuno che non fosse il tuo giardiniere messicano analfabeta bramoso di far carriera come lavacessi e, perciò, lecchino più di un formichiere?
Questo è il film con quella musica che fa “pappa pappaaa, pappa paaa...” e non “pa-po pa-po paaa...”, ricordi..? Seee, vabbè...
FERITA N.4: Scusa Steven, mi rivolgo sempre a te perché penso che uno scivolone così nella tua carriera non avresti mai pensato di farlo, ma senti... sì, insomma... ma davvero ritieni che far vedere nei primi dieci minuti, e in ben 3-4 scene, delle talpe che sembrano venute fuori da un cartone animato in 3D possa essere una cosa simpatica?
Ma a quale spettatore medio stavi pensando?
A quello che si spara in loop otto volte al giorno “L’era glaciale”? Oppure ad un tossico all’ultimo stadio che ha fatto indigestione di francobolli?
FERITA N.5: George Lucas & Steven Spielberg: “Abbiamo cercato di usare il meno possibile gli effetti speciali digitali per ottenere quello spirito artigianale dei primi film”.
Ma a chi la volete dare da bere???
Ma se TUTTA la pellicola è un tripudio di scene in CGI: dalle scimmiette alle formicone, dall’inseguimento in auto agli alieni (sigh!), fino ad arrivare all’astronave (sigh!) finale...
Dai, su, lo so che la senilità è una brutta cosa e che pensavate davvero che fossero tutti stuntmen travestiti...
CONSIDERAZIONE FINALE: E’ vero, un po’ di colpa ce l’ho anch’io perché avevo aspettative piuttosto alte, però... però qui si rasenta il sottosuolo!
Tutti questi anni di attesa per una baracconata indegna del peggior “Tomb Raider”?
Come minimo mi aspettavo di salire sull’ottovolante, un po’ come feci con “Jurassic Park”: un piacere epidermico, certo, ma almeno da non sbuffare per il troppo imbarazzo.
“Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo” è scritto veramente molto male, credetemi: non c’è un solo momento di emozione, di stupore, di vero divertimento.
Non sono tanto i protagonisti ad essere lessati (cosa anagraficamente accettabile), ma proprio TUTTO il film; in certi momenti la noia regna sovrana e ti aspetti da un momento all’altro di rivedere il grande Spielberg in azione come solo lui sapeva fare, ma niente... encefalogramma piatto. L’abbiamo perduto, proprio come l’Arca.
Non so chi sia sto tizio, ma mi sta simpatico
