Pare che la sim delle poste sia molto vantaggiosa?
Cita:
Cellulari, il mercato low cost
Poste, supermercati, autostrade: venduto oltre un milione di sim
Acercarli sono quasi invisibili. Pochi spot. Nessuna pubblicità. Né promozioni estive per chi, preso dalla verbosità vacanziera, non si stacca dal cellulare nemmeno durante le ferie all’ombra dei trulli, in spiaggia o sulle Dolomiti. Ma, questo sì, tariffe più basse in media del 20% per tutto l’anno (che non è certo poco, basta farsi due conti). Oltre a qualche servizio aggiuntivo, dove la parola d’ordine quasi stupisce nel mondo della telefonia mobile fatto di giochi, filmati dei gol domenicali e collegamenti a youTube: il servizio deve essere rigorosamente utile.
È il modello degli operatori mobili virtuali, distante anni luce da quello dei gruppi tradizionali come Vodafone, Tim e Wind. E la novità è che piace e funziona: in un solo anno sono oltre un milione gli italiani che hanno preferito per il proprio traffico telefonico una «sim» con sopra stampato uno dei tanti marchi inusuali in circolazione da qualche mese come CoopVoce, Carrefour o Poste Mobile. E, se le previsioni che circolano sono un buon barometro, non siamo di fronte solo a una fiammata in un mercato «drogato» come quello italiano dove nessuna equazione per quanto complicata riesce a risolvere l’incoerenza che c'è tra i 59 milioni di abitanti (compresi i bambini in fasce) e i 90,7 milioni di sim-clienti attive.
L’ultima offerta è quella di Autostrade che propone un servizio collegato al Telepass e che è partita proprio in questi giorni sfruttando i tanti spostamenti in automobile del mese di agosto. Ilmercato darà adesso il proprio verdetto. Ma per ora la formula risparmio e, in più, qualche servizio utile ha dato i suoi frutti. Coop, la prima impresa a lanciarsi nel mercato degli operatori virtuali, ha venduto 170mila sim CoopVoce sfruttando i propri supermercati e la possibilità di avere ricariche attraverso i punti spesa. A seguire, sono arrivate Carrefour, British Telecom, Conad, Auchan e Daily Telecom. Anche se il vero spintone al mercato è stato dato dalle Poste che, partite nel novembre scorso, hanno già venduto — grazie a 14 mila uffici — 450 mila sim con il marchio Poste Mobile. Il gruppo, con un ritmo di crescita di 3mila sim al giorno, è convinto di poter superare agevolmente il mezzo milione di clienti al giro di boa del prossimo novembre. E i numeri ci sono tutti.
Se ne sono accorti anche gli analisti di Deutsche Bank, considerati il punto di riferimento per il settore delle telecom in Europa, che hanno rivisto al rialzo le stime iniziali. Nell’ultimo report hanno previsto che gli operatori virtuali italiani (ai quali si stanno per aggiungere Tiscali, che partirà in autunno, e Fastweb) «riusciranno a piazzare tra le 5 e le 6 milioni di sim entro il 2011 (6% del totale) per arrivare a 10 milioni nel 2013 (10%)».
Le stime, si sa, possono essere disattese. Ma se dovessero realizzarsi anche solo in parte, darebbero la misura (positiva) del grado di apertura alla concorrenza della rete mobile italiana. Proprio quello che con maggiore fatica si sta tentando di ottenere con la rete fissa dove c’è un unico proprietario, cioè Telecom Italia. Ne è la dimostrazione il confronto con il paese che prima di tutti ha avviato questo processo: la Gran Bretagna, dove il primo operatore mobile virtuale al mondo, cioè la Virgin dell’eclettico Sir Richard Branson, è partita dieci anni fa. Oggi gli operatori mobili virtuali (Asda, Bglobal, Bt, Fresh, Mobile World, Talk Talk, Kingston, Tesco, Timico, Touchan, Virgin, Utility Warehouse, Lebara, Gamma e Blyk) hanno l’8% del mercato a fronte di cinque tradizionali (Vodafone, O2, Hutchison 3, Orange e T Mobile). Altri paesi come la Francia e la Spagna, che pure hanno avviato il processo da qualche anno, hanno raggiunto rispettivamente il 3 e il 2% del mercato. Insomma, l’effetto concorrenza che era l'obiettivo primario dell’AgCom, l’authority che vigila sulle tlc, che circa un anno fa aveva imposto a Tim, Vodafone e Wind di «affittare» una parte della propria rete mobile sta funzionando.
Lo si vede anche dai prezzi. Le Poste — che hanno una delle migliori offerte sul mercato — hanno proposto un piano tariffario per chi associa la sim mobile alla carta PostePay o al Bancoposta che prevede un costo al minuto, senza scatto alla risposta, che va dai 6 centesimi, se si chiamano altri clienti delle Poste, a un massimo di 16 negli altri casi. Uno sconto reso possibile dall’acquisto all’ingrosso del traffico dagli operatori tradizionali (che, dunque, in ogni caso ci guadagnano, anche se meno di quanto porterebbero in cassa vendendolo direttamente) e, appunto, da un diverso modello di business che non prevede grandi campagne pubblicitarie ma lo sfruttamento di una rete di distribuzione capillare sulla rete che può essere quella dei supermercati, degli uffici postali, come delle autostrade.
Nulla di nuovo, dunque, visto che l’authority non ha fatto che importare il meccanismo usato negli altri Paesi. Il classico uovo di Colombo che permette a tutti di guadagnare distribuendo in sostanza gli stessi profitti tra più operatori e che crea, allo stesso tempo, una maggiore pressione concorrenziale. Quello che c’è di nuovo è che a valutare dal successo ottenuto in Italia, soprattutto dalle Poste, sembra esserci un mercato per i servizi «utili».
Insomma, per gli operatori tradizionali che fino ad ora hanno puntato su musica, gol della domenica e in generale sull’entertainment, potrebbe quasi essere una lezione. In realtà, i numeri sono diversi. E queste offerte, probabilmente, funzionano bene perché vanno ad occupare delle nicchie ben precise. Come quella di Daily Telecom, per esempio, che si rivolge ai cinesi presenti in Italia offrendo delle tariffe verso il Paese natale più vantaggiose di quelle delle carte internazionali che si possono acquistare dagli edicolanti. A conti fatti, è difficile che possa diventare un vero business. Tranne casi particolari come quello di Bt che così può proporre un piano integrato fisso-mobile pur non possedendo una rete per i cellulari. Per gli altri, come i supermercati, resta pur sempre un meccanismo di fidelizzazione dei clienti. Le famiglie tendono a fare la spesa nelle stesse catene per strappare delle ricariche gratis. Pochi euro, forse. Che, però, con i venti di crisi che soffiano in questo periodo, potrebbero fare la differenza.
Massimo Sideri
14 agosto 2008
http://www.corriere.it/economia/08_agos ... aabc.shtml
Ne sapete qualche cosa di più?